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Neoplasie del Colon Retto


Cosa sono le neoplasie del Colon Retto?

Il termine “tumori del colon-retto” (CRC) comprende le neoplasie del colon e quelli del retto, della giunzione retto-sigmoidea e dell’ano.

Il rischio generico per cancro colo-rettale è sostanzialmente correlato all’età. Il cancro colo-rettale comincia, infatti, ad essere rilevante a 50 anni (raro fino ai 40 anni ove spesso è associato ad una componente genetica), aumenta progressivamente fino a raggiungere il picco verso i 70 anni (età media d’insorgenza 68 anni) con uno spostamento graduale dai tratti distali ai tratti prossimali del colon.

La maggior parte dei tumori del colon deriva dalla trasformazione in senso maligno dei cosiddetti “polipi” di natura adenomatosa o ghiandolare, ovvero di piccole escrescenze rilevate della mucosa, di per sé inizialmente benigne, dovute al proliferare delle cellule della mucosa intestinale stessa. Il polipo può essere definito, in base alle sue caratteristiche morfologiche, sessile (cioè con la base piatta) o peduncolato (ovvero attaccato alla parete intestinale mediante una specie di picciuolo). Sono a rischio di malignità solo i polipi adenomatosi, mentre i cosiddetti polipi iperplastici (cioè caratterizzati da una mucosa a rapida proliferazione) e quelli  amartomatosi (detti anche polipi giovanili e polipi di Peutz-Jeghers)  non hanno invece  potenziale maligno.

La probabilità che un adenoma del colon evolva verso una forma invasiva di cancro dipende dal tempo che ha avuto a disposizione per crescere e per dare luogo a fenomeni di trasformazione (displasia) e quindi in buona parte dalla dimensione che il polipo stesso ha potuto nel tempo raggiungere. Una volta trasformatasi in tessuto carcinomatoso, la mucosa patologica può sostituire tutto il polipo e poi infiltrare la parete del viscere. Da ciò si può ben comprendere l’importanza di eliminare i polipi prima che possano trasformarsi in lesioni maligne, evitando l’insorgenza della neoplasia del colon.

È possibile, anche se poco frequente, che una neoplasia origini direttamente dalla mucosa senza la preventiva crescita come polipo, ed allora apparirà come un nodulo oppure come un’ulcerazione “a coccarda” della mucosa generalmente fragile e facilmente sanguinante anche spontaneamente.

Quali sono le cause delle neoplasie del colon-retto?

Molte sono le cause che concorrono, cooperando tra loro, a determinare la malattia, ossia fattori nutrizionali, genetici (le poliposi adenomatose ereditarie tra cui l’adenomatosi poliposa familiare o FAP, la sindrome di Gardner e quella di Turcot e quella che viene chiamata carcinosi ereditaria del colon-retto su base non poliposica – detta anche HNPCC o sindrome di Lynch), fattori non ereditari quali l’età (l’incidenza è 10 volte superiore  dopo i 60 anni rispetto a coloro che hanno 40 anni), le malattie infiammatorie croniche intestinali (la rettocolite ulcerosa di lunga durata soprattutto e, secondo studi recenti, anche il morbo di Crohn), una storia clinica passata di polipi del colon o di un pregresso tumore del colon retto.

Quali sono i sintomi delle neoplasie del colon-retto?

I polipi, precursori benigni del carcinoma, non determinano generalmente sintomi se non raggiungono dimensioni considerevoli così da determinare ostruzione al transito: è invece frequente la presenza di sangue occulto nelle feci in completo benessere.

La neoplasia conclamata invece determina sintomi diversi a seconda della sede ove sia localizzata: nel colon sinistro da luogo più facilmente a disturbi ostruttivi che si traducono in irregolarità dell’alvo, dolori che si riducono con l’evacuazione o l’emissione di gas, sanguinamento macroscopicamente evidente, calo ponderale, astenia; il progredire della malattia può a volte portare all’occlusione intestinale. Le neoplasie localizzate nei segmenti prossimali (cieco, colon ascendente e traverso) danno segno di sé soprattutto in seguito alle perdite di sangue (anemizzazione) al dimagramento ed all’astenia, mentre meno frequenti sono i disturbi ostruttivi dato che le feci in tali distretti sono generalmente più liquide. Non è infrequente la diagnosi di neoplasia del colon destro in seguito al reperto palpatorio di una tumefazione addominale o dal riscontro di secondarismi epatici.

Diagnosi

Gli accertamenti diagnostici devono essere guidati dalla valorizzazione dei segni e sintomi emergenti durante un’accurata visita clinica che comprenda anche l’esplorazione rettale, la ricerca del sangue occulto nelle feci, test che si basa sul presupposto che le neoplasie maligne e i polipi sanguinano più facilmente della mucosa normale, e che quindi la scoperta del sangue occulto nelle feci porta alla diagnosi in una fase precoce della malattia; l’esplorazione rettale, il clisma opaco con doppio mezzo di contrasto o, meglio, la retto-sigmoidoscopia e colonscopia con biopsia. Recentemente la colonscopia virtuale che utilizza le immagini acquisite mediante la TAC-multistrato (tomografia computerizzata) per ottenere informazioni sulle strutture interne del colon è un esame che può essere utile nella diagnosi delle malattie del colon. La TAC Addominopelvica non ha valore di accertamento diagnostico di primo livello mentre è utile per una stadiazione clinica preoperatoria relativamente alla estensione locoregionale e alla presenza di metastasi a distanza

Trattamenti

L’atto chirurgico costituisce il momento fondamentale per il trattamento di tutti i tumori primitivi del grosso intestino. L’obiettivo è l’eradicazione di tutta la malattia macroscopicamente individuabile. Altre modalità terapeutiche sono poi necessarie per eliminare residui microscopici di malattia tanto a livello locale quanto a livello sistemico (radioterapia e chemioterapia).

L’integrazione di queste tre modalità terapeutiche avviene tuttavia in modo diverso per i tumori del colon fino al retto superiore rispetto a quanto avviene per i tumori del retto extraperitoneale in quanto caratterizzati da una diversa storia naturale.

La scelta delle modalità terapeutiche da impiegare (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) e del timing per la loro integrazione dipende, poi, dallo stadio della malattia.

In presenza di metastasi non resecabili la resezione del tumore primitivo dovrebbe essere limitata ai casi di complicanze in atto o incipienti (occlusione, emorragia, ecc). In presenza di metastasi non resecabili o di co-morbilità significativa, si opta, con decisione da prendersi caso per caso, per resezioni atipiche o per interventi di minima, soprattutto allo scopo di prevenire le complicanze e, ove possibile, di evitare una stomia.

La strategia può variare non solo a seconda della complessità dell’intervento e dalla localizzazione del tumore, ma anche in funzione dell’organo colpito o anche soltanto della localizzazione della lesione nel suo ambito.

Le metastasi epatiche resecabili attraverso la laparotomia necessaria per l’exeresi viscerale, sempre che quest’ultima non risulti troppo complessa, possono essere asportate contemporaneamente al tumore primitivo; é riportato un guadagno in sopravvivenza a 5 anni del 24-38%. Le metastasi epatiche che non soddisfano questo criterio dovrebbero essere resecate in un secondo momento, eventualmente previa esecuzione di cicli di chemioterapia.

La selezione dei pazienti deve tener conto dell’età, del “performance status”,della percentuale di coinvolgimento epatico (numero delle metastasi, loro sede), dell’assenza di altre localizzazioni extra-epatiche. La resezione chirurgica delle metastasi epatiche, se radicale, può essere curativa in casi selezionati

La scelta del tipo di intervento chirurgico varia in base allo stadio della malattia ed alla sede del tumore; in assenza di malattia metastica e di co-morbilità importante (ASA 1-2), lo scopo dell’intervento è l’asportazione completa della neoplasia primitiva e del suo bacino di drenaggio linfatico.

Per neoplasie del Cieco-Colon ascendente e trasverso prossimale si effettua una emicolectomia destra tipica o allargata.

La resezione del trasverso viene effettuata per neoplasie del trasverso medio.

Le lesioni della Flessura splenica, Colon discendente e Sigma si effettua una emicolectomia sinistra.

Per le neoplasie della giunzione retto-sigmoidea, Retto intraperitoneale si deve effettuare la resezione anteriore del retto con margine distale microscopicamente indenne senza escissione totale del mesoretto, mentre per quelle del  Retto extraperitoneale (all’incirca da 4 a 10 cm dal margine ano cutaneo), la resezione anteriore bassa con escissione totale del mesoretto fino al piano degli elevatori in tutti i casi in cui è possibile ottenere un margine microscopicamente indenne > 1 cm è l’intervento di scelta. Negli altri casi resezione addomino-perineale secondo Miles.

La escissione totale del mesoretto costituisce una necessità assoluta nel trattamento delle neoplasie del retto extraperitoneale (all’incirca da 4 a 10 cm dal margine anocutaneo). La sua adozione routinaria consente di limitare il tasso globale di recidiva locale entro il 10% dei casi.

In tutti i casi si deve, poi, ricostruire il transito intestinale con le anastomosi ileo-coliche, colo-coliche e colo-rettali alte abitualmente effettuate con suturatrici meccaniche lineari o circolari. Per le anastomosi colo-rettali basse, è prevista una tecnica standard di anastomosi meccanica con suturatrice circolare introdotta per via trans-anale, seguita da un test idro-pneumatico di tenuta della stessa. Nei casi di test positivo, e in tutti i casi di resezione ultra-bassa con anastomosi colo-rettale o colo-anale – soprattutto nei pazienti sottoposto a terapia neoadiuvante (CTRT preoperatoria) – viene effettuata una deviazione (stomia) di protezione temporanea sul colon traverso o sull’ileo, che viene richiusa mediante un intervento successivo circa dopo due mesi.

Per la palliazione di sintomi ostruttivi possono essere presi in considerazione una colostomia derivativa, un by-pass intestinale o il posizionamento di una endoprotesi per via endoscopica.

Questi interventi possono essere effettuati per via chirurgica tradizionale oppure per via mini-invasiva laparoscopica o robotica.