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Effetto placebo, quale ruolo nella gestione del dolore?

“What Is the Role of the Placebo Effect for Pain Relief in Neurorehabilitation? Clinical Implications From the Italian Consensus Conference on Pain in Neurorehabilitation”: questo il titolo di uno dei lavori inseriti nell’ambito dell’Italian Consensus Conference on Pain in Neurorehabilitation e dedicato al ruolo dell’effetto placebo nell’alleviare il dolore nella neuro-riabilitazione. La Consensus Conference ha messo insieme le idee sul tema e ha revisionato la letteratura esistente, nel tentativo di fare un punto grazie al coinvolgimento di numerosi specialisti che negli anni hanno lavorato sull’argomento.

Grazie all’aiuto del dottor Marco Lacerenza, Responsabile di Medicina del dolore in Humanitas San Pio X e uno degli autori dello studio, vediamo cosa si intende per effetto placebo e quali strade potrebbero aprirsi grazie a questo lavoro.

Che cos’è l’effetto placebo?

“L’effetto placebo porta al miglioramento di un sintomo, in questo caso il dolore, dopo la somministrazione di una sostanza inerte e che dunque non possiede alcun effetto da un punto di vista farmacologico.

Vi è poi anche il suo opposto, ovvero l’effetto nocebo che si verifica quando dopo la somministrazione di una sostanza inerte o farmacologicamente attiva si osserva nel paziente un peggioramento del dolore o altri sintomi non attribuibili alla sostanza somministrata.

L’effetto placebo si esplica attraverso un processo complesso, che comprende fattori fondamentali, primo fra tutti la relazione medico-paziente (o infermiere-paziente); giocano poi un ruolo centrale le aspettative nel paziente e il setting ovvero il contesto all’interno del quale il soggetto si predispone a rispondere a uno specifico trattamento. Contano poi aspetti quali l’assetto psicologico del paziente, le sue precedenti esperienze, il suo rapporto con il dolore e non per ultimo la componente genetica: alcune persone sono infatti più predisposte di altre verso l’effetto placebo”, ha spiegato il dottor Lacerenza.

Cosa è emerso dal lavoro di revisione?

“L’effetto placebo sta suscitando un crescente interesse nel campo della gestione del dolore nei pazienti con disturbi neurologici. I trattamenti di neuro-riabilitazione possono essere ritardati od ostacolati dal dolore, la cui gestione potrebbe essere particolarmente difficile in quanto i trattamenti disponibili possono fornire solo un moderato sollievo a fronte di diversi effetti collaterali indesiderati. In questo contesto, la conoscenza dei meccanismi dell’effetto placebo si rivela importante perché può migliorare l’efficacia delle cure.

Nei lavori esplorati si evince che a seconda del tipo di dolore, si osserva un effetto placebo di entità diversa. Per esempio, i pazienti con dolore neuropatico cronico (la cui gestione è molto difficile), sono meno responsivi al placebo rispetto ai pazienti con cefalea; così come il dolore neuropatico periferico risponde in maniera leggermente migliore al placebo rispetto a quello conseguente a una lesione del sistema nervoso centrale”, ha sottolineato lo specialista.

L’applicazione dell’effetto placebo nella medicina

“È auspicabile che i principi dell’effetto placebo possano potenziare ogni atto medico, anche rispetto alla somministrazione di medicinali attivi.

È stato ampiamente dimostrato che la somministrazione di un farmaco analgesico attraverso una comunicazione empatica che tenga conto delle aspettative del paziente e del contesto risulti nettamente più efficace della somministrazione dello stesso farmaco in modo neutro.

La dimensione psicologica è infatti fondamentale quando si parla di cura del dolore cronico. L’effetto placebo usato intenzionalmente può dunque potenziare l’efficacia dell’assistenza perché costituisce il processo attraverso il quale la relazione medico-paziente diventa terapeutica.

Occorre dunque diventare più consapevoli del ruolo dell’effetto placebo: il perfezionamento di queste conoscenze può migliorare i risultati delle terapie attive, con ripercussioni positive sui pazienti e la loro qualità di vita”, ha concluso il dottor Lacerenza.

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