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Ernia inguinale e sport: i consigli dell’esperto

Anche chi soffre di ernia inguinale non deve rinunciare all’attività fisica. «Senza esagerare con gli sforzi – spiega il professor Jacques Mégevand, responsabile di Chirurgia Generale di Humanitas San Pio X – anche chi ha un’ernia inguinale o addominale può praticare sport, tenendo come limite alla pratica sportiva, la comparsa del tipico fastidio o dolore associato all’ernia, che deve imporre di fermarsi. Ad eccezione di attività che includono il sollevamento di pesi, la corsa o sforzi fisici intensi, molti sono gli sport che si possono praticare: nuoto, bicicletta e cyclette, per esempio, perché attivano in modo minore la muscolatura della parete addominale inferiore. Chi soffre di ernia inguinale, quando fa sport anche in acqua, può adottare lo slip contenitivo in versione costume da mare».

Sport hernia: l’ernia inguinale più frequente negli sportivi

La sport hernia, ovvero l’ernia inguinale che può comparire a seguito di attività fisica intensa, è una delle cause principali principale di pubalgia, cioè il dolore all’inguine, più frequente tra gli sportivi. «Gli sforzi fisici determinati da sport ad alta intensità o prolungati, come gli sport da endurance – continua l’esperto -, possono causare la protrusione, cioè la fuoriuscita di tessuto adiposo (grasso) o visceri da un orifizio, ovvero un’apertura che si forma nella regione inguinale a causa dell’indebolimento della parete muscolare. La diagnosi si effettua con la visita medica: infatti la presenza di ernia inguinale è spesso associata a tumefazione esacerbata dagli sforzi che determinano un aumento della pressione addominale, come tosse o defecazione. Il dolore in genere, è presente solo nelle forme complicate. Solo in caso di piccole ernie non valutabili con la visita, si ricorre all’ecografia sotto sforzo che permette di valutare anche ernie di piccole dimensioni». 

Ernia inguinale: la chirurgia evita le complicanze

Contrariamente a quanto molti pensano, l’ernia inguinale non guarisce spontaneamente rimanendo a riposo. «L’ernia inguinale – sottolinea il professore Mégevand – se non trattata chirurgicamente, nel tempo può ingrandirsi e complicarsi in ostruzione o incarcerazione, ovvero una parte dell’intestino viene “incarcerata” nel canale inguinale e il paziente manifesta sintomi di ostruzione intestinale come dolore addominale, nausea, vomito, oltre al rigonfiamento e dolore all’inguine, oppure strozzamento dell’ernia, ovvero la parte dell’intestino strangolata dall’ernia non riceve sangue, con conseguenze gravi per il paziente. L’intervento chirurgico ha l’obiettivo di riparare la parete addominale, risolvere i sintomi ed evitare le complicanze. In base alle caratteristiche del paziente e dell’ernia, il chirurgo sceglie il tipo di intervento e di tecnica. Nell’ernia inguinale, l’intervento di routine prevede il posizionamento di una rete non riassorbibile o parzialmente riassorbibile, sopra la parete posteriore del canale inguinale, laddove si formano i punti di debolezza. In casi selezionati viene utilizzata la tecnica laparoscopica che, mediante piccoli fori, permette il posizionamento della rete per via posteriore, passando per l’interno dell’addome. In entrambi i casi, l’intervento richiede un ricovero giornaliero in regime di Day Hospital o di 24 ore, e le recidive, ovvero la ricomparsa di un’ernia, sono molto rare».

Lo specialista riceve anche presso il centro Humanitas Medical Care di via Murat 13, a 450 metri dall’Ospedale. La struttura dispone di un ampio parcheggio nelle vicinanze a disposizione del paziente.

Responsabile di Chirurgia Generale
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